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Fnomceo in audizione alla Camera sull'emergenza Covid
Un “libro bianco” sul primo periodo della pandemia di Covid, che mette in relazione i quadri epidemiologici con i provvedimenti adottati ai diversi livelli di governo. A realizzarlo la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri con Deloitte Legal. Ne ha parlato oggi il presidente della stessa Fnomceo, Filippo Anelli, ascoltato in audizione presso la Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, sulle Proposte di legge volte all’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Con il libro bianco, la FNOMCeO ha avviato al suo interno una riflessione su quanto avvenuto durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tre i temi principali: come le disposizioni normative e gli atti adottati abbiano inciso sull’andamento della pandemia; l’importanza strategica della produzione italiana di vaccini e dispositivi di protezione individuale. Infine, ma non certo ultimo per importanza, quanto i tagli alla sanità abbiano reso il sistema Paese vulnerabile e impreparato dinanzi all’emergenza pandemica.
Anelli è tornato a chiedere alla politica di investire nel servizio sanitario nazionale, non solo per meglio fronteggiare future emergenze, ma per garantire oggi adeguate assistenza e cure ai cittadini. “L’emergenza Covid-19 – ha ricordato – che ha visto impegnati in prima linea i medici e tutti gli operatori sanitari con spirito di generosità e sacrificio, ha evidenziato il bisogno di potenziare il Servizio Sanitario Nazionale al fine di coniugare la garanzia di adeguate prestazioni sanitarie con un’ottimale gestione delle risorse e la sicurezza degli operatori con le scelte organizzative. La pandemia ha messo in luce e amplificato carenze e zone grigie preesistenti nel nostro Servizio Sanitario Nazionale, frutto di decenni di tagli lineari e di politiche alimentate da una cultura aziendalistica che guardava alla salute e ai professionisti come costi su cui risparmiare e non come risorse sulle quali investire. Ha acceso impietosamente un riflettore su criticità e carenze che erano ormai strutturali. Carenze di personale, con medici ospedalieri che hanno dovuto fare turni anche di 24 ore di seguito, per poter gestire i pazienti che continuavano ad affluire senza sosta. Carenze a livello edilizio, con l’impossibilità, in molti ospedali, di separare i percorsi ‘sporco’ e ‘pulito’. Carenze strumentali, di posti letto, delle terapie intensive. Carenze organizzative, con medici di famiglia lasciati soli ad assistere i pazienti domiciliati; abbandonati a se stessi, senza protocolli, linee guida; senza personale di supporto, privi di strumentazione adeguata, senza saturimetri e bombole d’ossigeno. Senza dispositivi di protezione individuale. Carenze nella sicurezza, appunto, che hanno portato molti medici a contagiarsi, alcuni a pagare con la vita il loro impegno”.
“La situazione nella prima fase è stata drammatica – ha aggiunto Anelli - soprattutto nelle Regioni del Nord, tanto che possiamo dire che Bergamo e la Lombardia sono state la nostra Caporetto, la Caporetto della guerra che la nostra Professione ha dovuto combattere contro il COVID-19. I medici e gli altri professionisti sono stati chiamati ad operare – e i decisori a prendere provvedimenti - in un contesto straordinario: un contesto con evidenze scientifiche scarse e in continua evoluzione, di carenza di personale e di risorse”.
“La salute diseguale – ha proseguito – problema che da sempre ci affligge, è stata resa ancor più diseguale dalla pandemia di Covid. Il Covid è arrivato su un terreno già disomogeneo e ha aperto varchi, scavato solchi, che rischiano di diventare voragini capaci di inghiottire i diritti civili, garantiti dalla nostra Costituzione. E a tutela di tali diritti, del diritto alla Salute, di cui all’articolo 32, del diritto all’Uguaglianza, di cui all’articolo 3, della garanzia stessa dei diritti, di cui all’articolo 2, lo Stato elegge gli Ordini delle Professioni Sanitarie, quali suoi Enti Sussidiari. Dobbiamo vigilare quindi: ripianare tali solchi, affinché non si aprano crepacci insanabili”.
“Occorre garantire – ha ribadito - il superamento delle differenze ingiustificate tra i diversi sistemi regionali, creando un sistema sanitario più equo, salvaguardando il Servizio Sanitario Nazionale pubblico e universalistico. Il raggiungimento di obiettivi di salute deve restare la finalità prioritaria del servizio sanitario. È arrivato il momento di riflettere su un ruolo più forte e centrale del Ministero della Salute: auspichiamo una modifica di legge che rafforzi le sue capacità di intervento, aumenti le disponibilità economiche e le sue funzioni al fine di colmare le diseguaglianze. Rivendichiamo anche un ruolo centrale per i professionisti, che devono essere messi nelle condizioni di partecipare alla definizione e al raggiungimento, in autonomia e indipendenza, degli obiettivi di salute. È la Professione medica, sono le Professioni sanitarie, in quanto garanti dei diritti, la vera rete di unità del Paese in tema di salute”.
“L’indagine dell’Istituto Piepoli promossa da Fnomceo e presentata lo scorso anno in occasione della I Conferenza nazionale sulla Questione Medica – ha detto Anelli - ha evidenziato come il mancato investimento sulla medicina territoriale e le gravi carenze di personale, infrastrutturale del versante ospedaliero insieme ad una eccessiva burocratizzazione dell’atto medico siano oggi i fattori all’origine della crisi professionale”. Una crisi ormai molto profonda, tanto che, secondo lo stesso sondaggio, quasi un medico su tre, potendo, andrebbe subito in pensione. E a voler lasciare la professione sono in maggioranza i medici più giovani, tra i 25 e i 44 anni. Un dato, questo, rispecchiato da una realtà nella quale sempre più medici abbandonano il Servizio sanitario nazionale, in fuga verso il privato, l’estero, il prepensionamento, la libera professione: una vera e propria emorragia, che già oggi è costata alla sanità pubblica una carenza di 20mila tra medici ospedalieri, soprattutto nei pronto soccorso, e di medicina generale.
E la situazione potrebbe peggiorare nei prossimi cinque anni, quando, secondo una proiezione su dati Agenas, andranno in pensione 41.000 tra medici di famiglia e dirigenti medici: è necessario dunque arginare il fenomeno degli abbandoni, che riguarda l’ospedale quanto il territorio.
“In conclusione – ha terminato il presidente Fnomceo – questa Federazione ribadisce anche in questa sede la necessità di rendere più attrattiva la sanità pubblica e di far sentire i medici al sicuro. Oggi serve da parte dello Stato – ha chiesto - e delle Regioni un intervento straordinario che colmi le carenze e restituisca alla Professione medica quel ruolo che merita: risorse speciali per i contratti di lavoro e abolizione dei limiti per l’assunzione dei medici sia in ospedale che sul territorio nel rispetto di una corretta programmazione. Risorse per consentire a tutta la professione, dipendenti, convenzionati e specialisti accreditati di poter contribuire ad assicurare tutte quelle prestazioni che oggi in parte il cittadino cerca fuori dal SSN. Servono risorse e riforme per ridare dignità ai medici e ai professionisti garantendo loro autonomia e i loro diritti”.
Fonte: FNOMCEO