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Al via campagna con manifesti in strada
I medici della FIMMG di Napoli hanno scelto di sostenere le vaccinazioni 'mettendoci la faccia'. Proprio in questi giorni la sezione napoletana della FIMMG ha messo in campo un'iniziativa che, per i medici di famiglia, non ha precedenti: una campagna informativa veicolata con manifesti affissi in città e nei 1.200 studi associati al sindacato. Il messaggio? «Io mi vaccino, fallo anche tu». L'idea è quella di sostenere i buoni consigli con i fatti, dando l'esempio per far comprendere ai propri assistiti quanto sia importante vaccinarsi.
«Nonostante se ne parli molto - spiegano i leader provinciali Fimmg, Corrado Calamaro e Luigi Sparano - tantissime persone non sono correttamente informate su questo tema, ecco perché abbiamo deciso di mettere a disposizione dei nostri assistiti tutta la nostra esperienza, così che possano recepire le principali informazioni e fare scelte sensate e consapevoli».Molte delle preoccupazioni dei camici bianchi sono legate ai timori che i pazienti esprimono nella privacy dei loro studi. «Ormai è palese - aggiungono Calamaro e Sparano - che anche i più anziani siano fortemente condizionati da vere e proprie campagne di disinformazione che, in maniera strisciante, si muovono sul web.
Dai ragazzini alle giovani mamme, e continuando per questa linea sino ai nonni, serpeggia il sospetto di chissà quale complotto ordito ai danni dei cittadini. Molti non si rendono conto del grande privilegio che abbiamo oggi a poter somministrare i vaccini senza particolari difficoltà». E pensare che nel 1973, quando lo spettro del colera sconvolse Napoli, la battaglia fu vinta proprio con la vaccinazione. In quell'occasione il vaccino fu chiesto a gran voce dai napoletani, scesi addirittura in piazza per ottenerlo. L'infezione fu sconfitta grazie a «un'organizzazione che permise di vaccinare 800 mila persone in due settimane. Molti ricordano la paura della malattia, pochi l'efficienza del sistema e la centralità del vaccino», ricorda Silvestro Scotti.
«Quello che colpisce nelle foto e nelle immagini del 1973 - aggiunge Scotti, che da sempre ha promosso campagne informative sui vaccini - è la partecipazione di tutta la popolazione. La protesta per chiedere il vaccino, le file in attesa di essere vaccinati. E traspare la fiducia verso l'immunizzazione». Questo, prosegue Scotti, «era un segno di grande civiltà. Qualcosa che si sta perdendo con la diffusione della cultura anti vaccino legata all'individualismo crescente. Chi si vaccina, infatti, oltre a non ammalarsi, contribuisce a non far ammalare gli altri. Questo elemento oggi viene considerato sempre meno, ci si preoccupa assai più del minimo effetto collaterale rispetto al vantaggio sociale».
Fonte Corriere del Mezzogiorno