Rischiano più la vita i MMG che lavorano da soli
Covid: Scotti: rischiano più la vita i medici di famiglia che lavorano da soli. 'Micro team potevano salvare colleghi, 60% camici bianchi morti dottori di medicina generale'
«Anche in questa seconda ondata stiamo registrando tante vittime tra i medici. E sono i dottori di famiglia a correre più rischi. Soprattutto quelli che lavorano da soli, senza essere legati a forme associative e senza collaboratori di studio. In questa tragedia i micro team, avrebbero potuto salvare molte vite». È l'amara riflessione di Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) che all'Adnkronos Salute ricorda come in questa seconda ondata «siamo ritornati quasi al livello di marzo, quando tra i medici deceduti il 66% era rappresentato da medici di famiglia. Ieri su 5 camici bianchi morti 3 erano di medicina generale. La domanda è se, in queste condizioni, reggeremo a una terza ondata». I medici di famiglia, ha ricordato Scotti, corrono maggiori rischi per diversi fattori a partire «dall'età elevata della categoria, siamo il settore medico più 'anzianò. Ed è chiaro che, a parità di contagio, ci sono maggiori pericoli». C'è poi il fatto che «nei nostri ambulatori l'accesso è più diretto, non ci sono le barriere, giuste, che si utilizzano negli ospedali. Inoltre i dispositivi di protezione che ci sono stati forniti sono stati spesso scarsi e inadeguati, nonostante le proteste». I medici di famiglia, poi, «non sono sottoposti, in tutto il territorio, a tamponi di controllo» e hanno, per il loro lavoro, «necessità di contatti con i pazienti che li espone a possibilità di contagio». «A questo si aggiunge la mancanza di personale di studio. Elemento che ha un forte impatto. Se si lavora da soli, in queste condizioni di emergenza, non si ha la possibilità di organizzare al meglio il lavoro, gli ingressi in studio, le visite domiciliari. E il rischio aumenta. Per questo sono convinto che i micro team potevano salvare molti medici. Perché significava avere in studio collaboratori o infermieri in grado di rendere il triage più efficace, riducendo i pericoli», conclude Scotti.
Fonte Adnkronos