Comunicati Stampa
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ma i dati Agenas sono parziali e fuorvianti. Il numero dei medici va valutato nei singoli ambiti assistenziali
Carenze di medici e infermieri, Silvestro Scotti (Fimmg): «Con il Ministro Schillaci da sempre un confronto proficuo, ma i dati Agenas sono parziali e fuorvianti. Il numero dei medici va valutato nei singoli ambiti assistenziali»
«Con il Ministro Schillaci c’è stato sin da subito un dialogo e un confronto proficuo. Siamo fiduciosi di poter continuare, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, su questa strada. Condividiamo la stragrande maggioranza delle soluzioni individuate e prospettate, ma siamo invece perplessi dell’attività di analisi portata avanti da Agenas, che rischia di indurre il Ministro in errori di valutazione». Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg, commenta così le parole del titolare del dicastero della Salute, Orazio Schillaci, sul tema delle carenze in sanità e del numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Medicina. Scotti, in particolare, sottolinea come da parte di Agenas vi sia stata una diffusione di dati parziali, che non guardano nel dettaglio della professione e non operano un confronto con l’Europa. «Il report di Agenas – spiega Scotti - evidenzia un rapporto medico/pazienti ancora tra i più bassi d’Europa, ma non è tutto», dice Scotti. «Questo rapporto deve essere inquadrato nei singoli ambiti assistenziali, differenziando il territorio dall’ospedale e dovrebbe essere correlato alla media di età delle popolazioni se vuole essere uno strumento serio di programmazione dell’offerta sanitaria». Così come già evidenziato nel corso dell’audizione informale nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 34 del 2023, il leader della Fimmg ricorda che il nostro sistema rispetto al resto d’Europa è quello con le maggiori carenze di medici di cure primarie rispetto alla parte specialistica. I dati Ocse indicano come, rispetto a una media europea di 20,3% di medici di medicina generale e di 68,7% di specialisti, l’Italia sia sotto di quasi 3 punti percentuali per i medici di medicina generale (con un valore pari al 17,5%) e sopra del 10,1% per quanto riguarda i medici specialisti (con un valore pari al 78,8%). Dati alla mano, si deve puntare a rafforzare le fila della medicina generale e superare l’atteggiamento delle Regioni, che a tutt’oggi non hanno ancora bandito il Concorso per la formazione in medicina generale, nonostante la norma prevedesse come termine ultimo la fine di febbraio. «Non si può pensare di risolvere il tema delle carenze solo aumentando i massimali», prosegue scotti. «Si deve mettere la medicina generale in condizione di rendere ai cittadini un’offerta di prossimità, attrezzando gli studi con strumenti di diagnostica di primo livello e realizzando i micro-team che Fimmg da tempo propone». Condivisione, infine, da parte del segretario generale Scotti sul tema delle carenze di infermieri. «Il superamento del vincolo di esclusività era essenziale, vista l’emergenza per la carenza del personale sanitario sia in ospedale che sul territorio – conclude Scotti -. Il vincolo andrebbe però eliminato sulla base di una valutazione da parte del soggetto responsabile aziendale pubblico, potendo prevedere prioritariamente che vengano favorite per il personale appartenente al pubblico impego le attività libero professionali in ambito di pubblico interesse, ovvero nell’ambito degli studi professionali della medicina generale, con particolare riferimento agli infermieri. Ad esempio, i medici convenzionati possono contrattualizzare come attività libero-professionale infermieri presso i propri studi e potrebbero pertanto diventare punti di privilegio per la fruizione delle prestazioni al di fuori dell’orario di servizio di questi operatori sanitari, rimanendo all’interno del pubblico senza andare con questa norma a supportare sistemi di assistenza privata. Infine, tale presenza negli studi favorirebbe da subito una migliore offerta assistenziale e diagnostica, liberando tempo di cura per i pazienti che in Italia sono in media i più anziani e complessi per durata delle cronicità di tutta Europa. Per inciso, aspettiamo ancora dal 2020 i 235 milioni di euro per la diagnostica ripartiti alle Regioni».