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Bartoletti: noi medici famiglia con armi spuntate, il nodo è l'organizzazione
La lotta alle liste d'attesa è uno dei temi caldi nel dibattito pubblico sulle politiche della sanità pubblica. E' al centro delle azioni del ministro della Salute Orazio Schillaci, ma motivo di scontro con le Regioni dopo il decreto che dovrebbe rivoluzionare il monitoraggio e gli interventi per tagliare i tempi di visite ed esami. Tra accuse reciproche il tema si intreccia con quello della medicina del territorio, che dovrebbe essere il primo filtro e migliorare l'appropriatezza delle prescrizioni, quindi il lavoro dei medici di base. "Con gli strumenti che abbiamo oggi a disposizione il nostro intervento sulle liste d'attesa è quasi pari a zero, abbiamo armi spuntate". Così all'Adnkronos Salute Pier Luigi Bartoletti, vice segretario nazionale vicario della Fimmg.
Sulla riforma della medicina di famiglia, su cui il Governo è intenzionato ad intervenire entro il 2025, "se vogliono lasciare la libertà di scelta ai giovani medici fra optare per il Ssn o rimanere nella convenzione nessun problema - sottolinea Bartoletti - Ma devono avere in mente che oggi i due binari sono la medicina personalizzata e la prevenzione. Se invece, come sembra, pensano di risolvere tutto con un medico che legge il Fascicolo sanitario elettronico, senza conoscere la vita della persona che deve curare, fai una altra cosa. Basta dirlo chiaramente".
Tornando alle liste d'attesa, "chiariamo subito una cosa: un minino di d'attesa nel pubblico è fisiologico, quello che non si può accettare è che aspetti chi ha una diagnosi seria e che ha bisogno di esami - prosegue Bartoletti - Nel sistema attuale c'è anche una domanda elevata di prestazioni e un'offerta non qualificata. Posso intervenire sulle liste d'attesa nel caso di malattie serie, ma allargare l'offerta significa aumentare la domanda e così il problema delle liste d'attesa diventa un cane che si morde la coda". L'analisi di Bartoletti prende in considerazione gli ultimi 20 anni, "quando non si è fatto nulla nella selezione della domanda di prestazioni sanitarie, non si sono sviluppati bene strumenti per poterla gestire e noi siamo stati relegati a mettere un crocetta sulla ricetta". Secondo il vice segretario nazionale vicario della Fimmg, "c'è un grande problema organizzativo: gli ospedali non prendono in carico i pazienti che, dopo lo specialista, tornano di nuovo da noi dicendo 'il professore mi ha detto che serve la Tac, ma io la Tac non ce l'ho'". Una soluzione ipotizzata da Bartoletti è quella di "ragionare in maniera ingegneristica e indirizzare le persone segmentando le domande, perché per il paziente sarà sempre tutto urgente e da fare nel minor tempo possibile. Ma per come stanno le cose oggi nel Lazio, non si fa neanche in tempo ad aumentare l'offerta che in un mese si satura tutto e siamo punto e a capo nella stessa condizione di prima".
"Il tema è che siamo rimasti solo nell'ambito di ipotesi, il progetto molto buono avviato durante il Covid, ad esempio nel Lazio con le Usmaf, i team di medici e infermieri che andavano a domicilio a visitare è stato cancellato - rimarca Bartoletti - Oggi l'accesso al Ssr è di fatto o il pronto soccorso o il Cup, la medicina generale non può accedere alle prestazioni qualificate. A me non pare di avere grossi strumenti per intervenire sulle liste d'attesa. Serve davvero rivedere l'organizzazione del sistema, mettendosi tutti intorno ad un tavolo, creare un network tra professionisti, in cui il medico di medicina generale possa contattare direttamente uno specialista e chiedere di prendere in carico il paziente, in modo da facilitare percorsi, accertamenti e diagnosi precoci".
Fonte Adnkronos