news
.
«È curioso che l'efficacia dei medici di medicina generale si valuti sulla base di quanti pazienti arrivano nei pronto soccorso, senza chiedersi di che percentuale si tratti rispetto al numero complessivo di persone trattate giornalmente fuori e dentro gli studi. Facciamo in media 70 visite al giorno, basta critiche». Lo hanno detto i segretari regionale e provinciali della Fimmg Friuli Venezia Giulia, Ferdinando Agrusti, Khalid Kussini, Adriana Fasiolo e Francesco Franzil, secondo quanto riporta il “Messaggero Veneto”, replicando alle parole del direttore del dipartimento di Area medica, Leonardo Sechi, che nell'elencare i nodi della sanità ha stimato nel 70 per cento dei casi gli accessi inappropriati al pronto soccorso e indicato il pagamento dei triage di livello basso o la cancellazione della capitaria al medico di base che non ha visitato il paziente.
«Un medico con 1.500 assistiti, mediamente, registra più di 15 mila contatti all'anno. il numero sale a 18 mila nel caso in cui gli assistiti arrivi a 1.800. Non è la difficoltà ad accedere al medico di medicina generale a causare gli accessi al pronto soccorso- è stata la risposta della Fimmg- bensì il sistema sanità che non è più in grado di assicurare le prestazioni in tempi adeguati per cui, spesso, i pazienti trovano più comodo afferire al pronto soccorso dove gli vengono fornite gratuitamente tutte le prestazioni in tempo reale». Agrusti ha poi spiegato che «alle volte dobbiamo chiedere la priorità B per non dover attendere anche sette mesi in priorità A. Accetto la mia inappropriatezza quando funzionerà il sistema delle priorità». La Fimmg quindi ha invitato chi critica la categoria ad «affiancare per un mese un medico di famiglia».
C’è poi il tema della carenza. «A fronte di 160 zone carenti – ha detto sempre Agrusti a “Il Messaggero Veneto” - hanno ricevuto 12 domande. Su 56 posti a disposizione, il corso ha registrato 57 adesione, ma ora a frequentare le lezioni sono rimasti in 12. Alcuni colleghi medici dopo aver terminato i corsi al Ceformed, il Centro di formazione per l'assistenza sanitaria, anziché candidarsi a gestire una zona carente con almeno mille assistiti, preferiscono fare servizio di guardia medica o dedicarsi alla medicina del lavoro. Non hanno l'impegno fisso richiesto dai pazienti, lavorano tre ore al giorno e pagano poche tasse. Bisogna trovare il modo di reinventare la medicina territoriale, si può fare ma non con le accuse. Da questo punto di vista le Case di comunità «possono essere una soluzione se non vengono calate ovunque, possono avere un senso in città, non nei piccoli comuni dove la forza della medicina generale è il servizio di prossimità che garantisce. Nell'80 per cento dei casi i cittadini di questa regione apprezzano il servizio offerto dai medici di famiglia».