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Scotti: "Troppi WA, spesso mal utilizzati"
Il picco dovrebbe arrivare, come di consueto, a fine gennaio. Ma l'influenza ha già fatto registrare contagi record in queste settimane che precedono il Natale. Il virus galoppa: secondo l'Istituto Superiore di Sanità, nella prima settimana di dicembre il numero di casi di sindromi simil-influenzali ha fatto registrare l'incidenza più alta dal 2009 sfiorando i 16,0 casi ogni mille abitanti e con 943mila italiani finiti a letto. Nella settimana successiva (ultimo dato disponibile) l'incidenza è stata di 15,5. Febbre, sintomi respiratori, dolori articolari: che fare? Si chiama il medico di famiglia.
Anzi, no. Meglio un WhatsApp. Per chiedere un consiglio, per farsi fare una ricetta o (per chi lavora) un permesso di malattia. Però, capita che la risposta del medico non sia sufficiente, o che non arrivi. Così, magari, si manda un secondo WhatsApp per chiedere chiarimenti o sollecitare una risposta. E i medici di medicina generale (volgarmente detti medici di base o di famiglia) stanno letteralmente annegando nei messaggi ricevuti dai pazienti. La denuncia arriva da Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) che parla di «una pressione intensa, caratterizzata sempre più dall'invio di tanti, troppi WhatsApp, spesso mal utilizzati».
L'app di messaggistica è una gran bella cosa per le relazioni interpersonali, con la sua semplicità ed efficacia. E anche sul lavoro ha contribuito a snellire e velocizzare le comunicazioni tra colleghi, in questa era di smartworking. Tuttavia, quando si parla di salute, le cose non filano lisce come quando si chiede agli amici che gusti di gelato portare per una serata. «L'utilizzo massiccio della messaggistica WhatsApp da parte dei pazienti è un problema - sottolinea Scotti - perché le domande spesso si trasformano in "conversazioni" cliniche non facili da gestire e per le quali il medico non ha sufficiente tempo in una giornata lavorativa.
Questo tipo di messaggi può essere molto utile per una richiesta specifica, ma non certo per consulenze mediche che richiedono approfondimenti, domande, verifiche. Va usato per comunicazioni definite con il medico, che non hanno necessità di approfondimenti». L'interazione a distanza con i medici di famiglia è anche una delle conseguenze del Covid, che agli occhi di molti pazienti ha trasformato le sale d'attesa degli ambulatori in lazzaretti dai quali è alta la probabilità di uscire con il virus. Così, in molti preferiscono non andare a farsi visitare, sperando di risolvere la questione tramite telefonate, ma soprattutto email e messaggi.
«Questo strumento - ribadisce il segretario Fimmg – crea aspettative di risposta immediata che non possono essere date perché il messaggio, durante una giornata di visite, può essere letto dal medico spesso dopo le altre attività. Inoltre, quando i messaggi sono tanti, parliamo in molti casi di decine e decine al giorno, c'è anche il rischio che il messaggio, seppur letto, possa "perdersi", oppure che arrivi a fine giornata quando non è possibile ad esempio fare una prescrizione e bisogna rimandarla al giorno dopo.
E questo crea incomprensioni e aumenta la conflittualità tra medici e pazienti». Secondo un'indagine condotta nello scorso maggio dal Centro Studi della Fimmg, il 76% dei 400 medici di medicina generale interpellati riferiva di aver utilizzato WhatsApp nel corso del precedente anno, ma solo il 46% diceva di essere favorevole a utilizzarlo in futuro.
Fonte: LIBERO