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Il rischio di una nuova pletora medica è concreto. Non solo: è anche imminente. Sarà infatti il 2030 l''anno in cui i nuovi specialisti andranno a colmare del tutto i vuoti lasciati negli anni precedenti dai pensionamenti e dalle dimissioni, i nuovi specialisti saranno quasi 2000 in più dei neopensionati, mentre oltre 19mila giovani, le matricole di quest''anno, si laureeranno in Medicina. Con il rischio di un nuovo imbuto formativo, se le scuole di specializzazione non riusciranno ad assorbirli, e quasi sicuramente quello di un imbuto lavorativo, con medici inoccupati, disoccupati, sottooccupati. Costretti a emigrare all''estero o a lavorare a condizioni non adeguate.
È questo lo scenario prospettato dai dati forniti dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri, elaborati dal Centro Studi e presentati oggi da Antonio Magi, componente del Comitato Centrale, nel corso della Conferenza Stampa dell''Osservatorio giovani professionisti Fnomceo sull''accesso a Medicina. A commentare i numeri, tre componenti dell''Osservatorio, che rappresentano le diverse "anime" della Professione: Maria Cristina Sangiovanni, medico specializzando, Claudia Aiello, medico di medicina generale, Maria Grazia Tarsitano, specialista e ricercatrice universitaria.
Tre donne medico, e non a caso: sì, perché, come dimostrano sempre i dati, tra le fasce d''età più giovani dei medici iscritti agli albi, netta è la preponderanza femminile. Tra i 24 e i 54 anni di età le donne medico sono 117642, contro gli 80905 uomini: quasi il 60%.
I medici italiani, però, sono anziani: sono 217.321 gli iscritti con più di 55 anni (tra questi, anche molti over 70 che restano iscritti esercitando, in parte, la libera professione), contro 198.547 tra i 24 e i 54 anni.
Se poi andiamo ad analizzare la popolazione medica per fasce di età, vediamo che la fascia più "affollata" è quella che va dai 65 ai 69 anni. Questo significa che siamo arrivati all''apice della gobba pensionistica, con molti medici del Servizio sanitario nazionale che stanno andando in pensione. Sono infatti 108.115 i medici pensionandi, da 59 a 69 anni, a fronte di 229625 medici attivi (quasi la metà) e 78128 medici già pensionati.
Secondo le proiezioni, da qui al 2030 usciranno dal Servizio sanitario nazionale 78.252 dei 227.921 medici che attualmente vi operano: andranno in pensione 27568 tra Medici di Medicina generale e Pediatri di Libera Scelta, 43.370 Medici Dirigenti, 7.414 Medici Specialisti interni. Più nel dettaglio, analizzando anno per anno, vediamo che l''apice della gobba pensionistica si raggiunge già quest''anno per i Medici di Medicina Generale, nel 2025 per gli ospedalieri e gli specialisti ambulatoriali, dopodiché la curva inizia a scendere. È dunque adesso che mancano gli specialisti e i medici di medicina generale, come la Fnomceo prevedeva già dieci anni fa. Nei prossimi anni, invece, la situazione andrà normalizzandosi. E, nel 2030, come dicevamo, si sforneranno più specialisti di quanti andranno in pensione, mentre usciranno dalla facoltà di medicina oltre 19mila medici pronti a specializzarsi.
Del resto, già oggi in Italia non mancano i medici: quelli attivi ogni mille abitanti sono 5,72 (7 se consideriamo anche gli Odontoiatri), dei quali 4 lavorano nel Servizio sanitario nazionale. Numeri che ci portano ai primi posti in Europa come rapporto medici per abitanti.
A mancare sono i Medici di Medicina Generale, che sono passati dai 45.382 del 2013 ai 35.398 di oggi, con un calo netto di 10mila unità; i pediatri di libera scelta, diminuiti di 1700 unità; i medici specialisti ambulatoriali interni, che hanno perso 2500 unità, passando dai 15542 del 2013 ai 12973 di oggi. I medici ospedalieri invece, in calo sino al 2020 per il blocco del turnover, vedono ora una nuova crescita: erano 104618 nel 2013, hanno toccato un minimo di 100.703 nel 2017, sono oggi 103.145.
Negli ultimi anni si è tentato di far fronte alla carenza di specialisti e medici di medicina generale, frutto di un''errata programmazione, aumentando i posti nelle scuole di specializzazione, con un picco nel 2020/2021 che ha portato a riassorbire l''imbuto formativo, il gap tra il numero di laureati e le borse che teneva fermi i giovani medici anche per anni nell''attesa di accedere alle scuole. Contemporaneamente, sono stati aumentati anche gli accessi a medicina, con un grosso picco nel corrente anno accademico, che ha visto 19544 accessi, 4800 in più rispetto a quello passato.
Non basta, però, aumentare i posti nelle scuole di specializzazione: anche qui va fatta una corretta programmazione sulle figure delle quali c''è più necessità. Ma non solo: vanno rese attrattive le carriere nell''ambito del Servizio sanitario nazionale per quelle specialità che oggi sono abbandonate dai giovani medici, che preferiscono specializzarsi in branche che permettono anche la libera professione. Tanto che il 18,76% dei contratti di specializzazione banditi sono poi abbandonati a favore di altre specializzazioni o rimangono non assegnati. Problema, questo, che riguarda anche il Corso per la Medicina Generale, che soffre anche gli assegni molto più bassi (quasi la metà) e la mancata equiparazione del titolo alla specializzazione.