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Bologna - È stata firmata stamani l’intesa tra la Regione Emilia Romagna e la FIMMG secondo la quale le “guardie mediche”, ora Medici di continuità assistenziale, opereranno in equipe nei Centri di Assistenza Medica per le Urgenze su base territoriale, che la Regione sta realizzando. Agiranno per ciò che attiene la gestione dei bisogni urgenti di salute di cittadini a bassa complessità, per lo più identificabili di norma come codici bianchi e verdi. Questi ultimi oggi rappresentano circa il 70% delle prestazioni che si riversano nei Pronto Soccorso. Lo fa sapere la Regione Emilia Romagna.
Alle organizzazioni sindacali in questione fanno capo sia i medici di famiglia (tecnicamente definiti “ruolo unico di assistenza primaria a ciclo di scelta”) sia le ex guardie mediche (“ruolo unico di assistenza primaria ad attività oraria”) ma saranno soprattutto queste ultime a ad avere una funzione decisiva nel nuovo modello che va delineandosi.
L’intesa riprende e fa suoi i principi fondamentali individuati dal vigente Accordo collettivo nazionale per la medicina generale del 2022 che, alla luce dei cambiamenti demografici e tecnologici, sottolinea come sia necessaria una presa in carico globale del cittadino e una maggiore integrazione dei medici di medicina generale nelle reti territoriali dei servizi. Questa integrazione, si legge ancora nel contratto nazionale, evita l’accesso al Pronto soccorso per prestazioni non urgenti.
L’accordo, “Coinvolgimento dei medici del ruolo unico di assistenza primaria nelle strutture territoriali per urgenze a bassa complessità”, parte da due premesse: il coinvolgimento dei medici del ruolo unico di assistenza primaria nell’organizzazione e nella programmazione dell’attività territoriale a livello distrettuale, aziendale e regionale è una esperienza consolidata che caratterizza l’Emilia-Romagna come Regione all’avanguardia; i medici hanno confermato la propria disponibilità a partecipare attivamente al percorso di riorganizzazione dell’emergenza-urgenza, sia garantendo il supporto nella fase di programmazione che rendendosi disponibili, ove possibile, all’attivazione di strutture territoriali per urgenze a bassa complessità.
L’intesa individua due canali distinti: le urgenze a bassa complessità risultano fondamentalmente in capo alle ex guardie mediche e, in via subordinata e volontaria, ai medici di famiglia, lasciando in capo a 118, Pronto Soccorso e DEA (i Dipartimenti di Emergenza Urgenza e Accettazione presso gli ospedali) le emergenze di complessità media o elevata.
Rientrano nel primo caso le situazioni in cui il paziente può camminare autonomamente, manifesta dolore lieve o moderato, presenta un quadro clinico la cui diagnosi può risolversi in sede magari dopo un ecocardiogramma, un’ecografia, dei raggi dove previsti o esami biochimici di base. Può anche essere il caso di situazioni non gravi che prevedono sintomi gastroenterici, febbre non all’esordio, lombalgia, dolori articolari non traumatici, ustioni minori, stati ansiosi, vertigini, ma anche medicazioni o rimozioni di punti per turisti o studenti fuori sede temporaneamente sprovvisti di medico curante.
Dopo la visita, il paziente può essere rinviato al proprio medico curante, o viceversa essere inviato al Pronto soccorso se si riscontrano situazioni di emergenza clinica. I medici del CAU infatti saranno collegati telefonicamente con la centrale operativa del 118 e avranno a disposizione orari e numeri telefonici dei medici curanti. Sarà più facilmente indirizzato al Pronto soccorso chi denunci per esempio un dolore toracico, un forte dolore addominale, una cefalea intensa e inusuale, un disturbo neurologico acuto o difficoltà di respirazione.
I luoghi fisici dove saranno gestite le urgenze a bassa complessità saranno appunto i CAU, strutture da realizzare diffusamente sul territorio - almeno una per distretto - per garantire la copertura per tutta la popolazione regionale, con particolare attenzione alle zone non urbane o meno popolate: istituiti preferibilmente presso le Case della comunità, ma anche presso locali idonei messi a disposizione da Aziende sanitarie o Comuni, oppure ottenuti dalla riconversione di Pronto soccorso e punti di primo intervento o attivati presso gli ospedali territoriali di prossimità sprovvisti di DEA. Anche una forma aggregativa strutturata di medicina generale, organizzata e idonea, potrà essere sede di tali setting assistenziali.
I CAU saranno attivi 7 giorni su 7 con l’obiettivo di coprire le 24 ore, in rapporto al volume di attività previsto e alle esigenze del territorio.
Le strutture saranno dotate di sala di attesa, sala visita, sala di osservazione breve post visita, servizi, sistema informatico, adeguate strumentazioni tecnico-sanitarie per i principali esami diagnostici e dovranno vedere all’opera almeno un medico e un infermiere. Tale personale non potrà svolgere contemporaneamente attività assistenziale domiciliare. L’allestimento della strumentazione tecnologica sarà a carico della Regione e andrà di pari passo con le attività di formazione necessarie per i medici della struttura.
Ai medici in servizio, come riconoscimento dell’impegno richiesto, sarà assegnato un incentivo orario addizionale di 18,35 euro che si aggiungono ai 23,65 euro previsti dal contratto nazionale.