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Nella Giornata internazionale promossa dall'Onu
Libertà, curiosità, speranza e avventura: significa tutto questo la scienza, per le donne impegnate nei laboratori, ancora purtroppo molto poche. La Giornata Internazionale delle Donne e le Ragazze nella scienza, promossa dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, è l'occasione per «promuovere la piena ed equa partecipazione di donne e ragazze nelle scienze, in materia di istruzione, formazione, occupazione e processi decisionali». Le cifre più recenti pubblicate dall'Eurostat, relative al 2017, sono purtroppo molto chiare, e raccontano che la ricerca parla ancora al maschile in Europa, e soprattutto in Italia: il nostro Paese si posiziona al 23/o posto, con il 35% circa di donne scienziate e ingegneri, contro la media Ue del 41%, seguita da Germania, Austria e Finlandia. Gli uomini sono molto più numerosi (83%) nei laboratori con le tecnologie più evolute, mentre nei settori di servizio il divario si riduce, con il 55% di uomini contro il 45% di donne. «Il talento femminile va sfruttato soprattutto nel mondo scientifico», ha detto la virologa Ilaria Capua, alla quale l'Università di Perugia ha dato oggi il dottorato honoris causa in Sanità e scienze sperimentali veterinarie. «Per le donne - ha detto ancora Capua - spesso è tutta salita, ma queste hanno gambe forti, e quindi devono imparare anche a stringere i denti e andare avanti». Troppi pregiudizi anche secondo Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario. «La giornata mondiale per le donne e le ragazze nella scienza - ha rilevato - serve non solo a ricordarci il contributo femminile alla scienza, ma a denunciare le discriminazioni che continuano a sussistere nel mondo scientifico». Golfo ha osservato inoltre che «meno del 30% dei ricercatori nel mondo è di sesso femminile e solo il 30% delle studentesse sceglie le materie scientifiche nell'istruzione superiore». Non si tratta, ha detto ancora, solo di ristabilire un principio di parità, ma di «rimuovere tutti gli ostacoli al progresso dell'umanità». Di ostacoli parla anche l'esperta di biologia sintetica Velia Siciliano, dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Napoli, che ha scelto di tornare in Italia dopo cinque anni di lavoro al Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston e l'Imperial College di Londra: «Per me la scienza è vita, mi entusiasma e mi affascina l'idea di capire meglio come funzioniamo». È contenta di essere tornata, ma si rende conto che in Italia c'è ancora moltissimo da fare perché le persone riacquistino fiducia nella scienza e per combattere il sessismo. Di quanto spazio ci sia ancora per l'ottimismo lo raccontano le ricercatrici dell'Iit che, nella Giornata dedicata alle donne e la scienza, hanno affidato la loro grinta a un video nel quale dicono che cos'è per loro la scienza: è quello che hanno «sempre voluto fare», «avventura», ma anche «insonnia», «scoprire qualcosa di nuovo» e «dare nuove possibilità per i bambini», capacità di «mettere in discussione e migliorare la società», «non smettere mai di imparare», «migliorare la qualità della vita».
Di Enrica Battifoglia – Fonte Ansa