Fonte Il Messaggero
Se per consentire ai figli di essere riammessi in classe, ogni volta, le famiglie devono rivolgersi alla Asl ed eseguire il test, saranno inevitabili lunghe attese, responsi che arrivano dopo sette-otto giorni, laboratori pubblici sotto pressione. In linea teorica, i pediatri di libera scelta o i medici di famiglia, possono in alternativa semplicemente firmare un certificato che dice che il bambino può tornare a scuola perché è guarito e non è positivo al coronavirus. In sintesi: non è necessario ricorrere ogni volta al tampone molecolare, è sufficiente il certificato medico. Ma Pierluigi Bartoletti, vicesegretario nazionale di FIMMG ribatte: «Non siamo il mago Silvan. Come si può certificare che un bambino che ha avuto la febbre e i sintomi similari a quelli del coronavirus non è positivo senza eseguire il tampone?». Il problema presto arriverà sul tavolo del Comitato tecnico scientifico, che però in queste ore sta affrontando un altro punto debole del sistema: dal punto di vista normativo c'è una falla, perché se uno studente si assenta per una settimana non c'è l'obbligo di portare il certificato medico.
«Noi da tempo stiamo dicendo che la riapertura delle scuole manderà in tilt il sistema dei tamponi. Si fa presto a dire che il medico deve firmare l'attestato di negatività al buio, senza il tampone. Ma di fronte a sintomi compatibili con il coronavirus sarebbe impossibile. Secondo noi esiste una soluzione praticabile, consentire ai medici di base di eseguire i tamponi negli studi». Significa obbligare i medici di base a farlo? «Si tratta di ampliare la possibilità di fare i tamponi, magari ricorrendo a quelli rapidi antigenici che danno un responso in tempi veloci e sono facilmente eseguibili. Ovviamente, dovrebbe essere su base volontaria: agli studi medici disponibili, lasciamo eseguire i test, per non mandare in tilt i laboratori pubblici. In alternativa, si può anche aprire ai privati».