Scotti: sistema cruciale per la fase 2 ma non ancora completato
Ad oggi sono 420 in tutta Italia, ma non bastano ancora. Sono le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), team di medici attrezzati per le cure a casa dei pazienti Covid. Al momento garantiscono la copertura solo di un terzo della popolazione italiana, ma dovranno rivestire un ruolo centrale nella riorganizzazione dell'assistenza sanitaria anche in vista della fase 2 ed al fine di prevenire il rischio di saturazione degli ospedali se nuovi focolai epidemici dovessero riaccendersi. I dati aggiornati sul numero e la distribuzione delle Usca arrivano dall'ultimo report dell'Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) dell'Università Cattolica di Roma. Pressoché «tutte le Regioni hanno ormai attuato le Usca - rileva Altems - anche se con tempistiche di avvio molto diverse». Le Usca intervengono su pazienti di gravità «intermedia», gestiti a livello domiciliare. Si tratta di pazienti che hanno bisogno di un monitoraggio che non può essere assolto solo con un contatto telefonico, ma che non necessitano di un ricovero in ospedale. In particolare, rileva il report, le Marche in breve tempo hanno offerto la più alta copertura rispetto alla popolazione residente (56%), mentre il Veneto ha una copertura che arriva al 21% della popolazione. La Lombardia ha attivato il numero più elevato di Usca (38) con una copertura del 19% della popolazione. L'Emilia Romagna con 34 Usca copre il 38% della popolazione e il Piemonte raggiunge il 41%. Complessivamente, secondo i dati della Federazione dei medici di famiglia Fimmg, le Usca sono presenti in 13 Regioni (Puglia, Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Valle d'Aosta, Sicilia, Toscana e Veneto) ma la legge ne prevede una ogni 50mila abitanti. Il sistema «cruciale anche per la fase 2 di ripresa dall'epidemia, avrebbe dovuto essere completato a livello nazionale entro aprile, ma siamo ancora lontani», ha rilevato il segretario Fimmg Silvestro Scotti. Il report fa anche riferimento alla situazione delle terapie intensive. Ô «notevole l'abbassamento del tasso di saturazione delle terapie intensive, che in Italia è sceso drasticamente (15%) con il picco massimo raggiunto in Lombardia intorno al 40%». Ma Altems lancia anche un'allerta: «Pressoché tutte le Regioni, superata la fase di crisi, stanno riportando la dotazione per 100.000 abitanti delle terapie intensive ai valori pre Covid-19, laddove - conclude - il Ministero della Salute aveva suggerito un incremento del +50% della dotazione 2 mesi fa».
Fonte Ansa