Comunicati Stampa
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Riforma dell’assistenza territoriale, Fimmg con CittadinanzAttiva.
Scotti: «Concreto il rischio di un modello territoriale che imiti dinamiche e azioni assistenziali ospedaliere. La Politica e il Governo definiscano quali risorse saranno impegnate per i medici di medicina generale».
«Condividiamo le preoccupazioni espresse da CittadinanzAttiva sulla possibilità che le Case della comunità finiscano per essere trasformate in una brutta imitazione degli ospedali. La medicina generale non può e non deve essere considerata come un surrogato della rete ospedaliera, bensì come perno attorno al quale realizzare una sanità sempre più efficiente, capace di preservare prossimità e fiduciarietà, partendo dal domicilio del paziente». Silvestro Scotti, segretario generale nazionale Fimmg, esprime con chiarezza la posizione dei medici di medicina generale rispetto al dibattito che investe la riforma assistenziale del territorio in tutte le sue articolazioni (Legislative, finanziarie, negoziali, e così via), anche alla luce della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo ACN e del parere del Consiglio di Stato sul Dm 71.
«Le Case della comunità - prosegue Scotti - sono state immaginate come luoghi di cura primaria e sarebbe un grave errore realizzare un modello che vada a replicare su scala ridotta quello della rete ospedaliera. I medici di medicina generale sono pronti a fare la propria parte, gestendo al meglio le cronicità ed evitando quindi che i pazienti con queste patologie si scompensino e poi ricadano sui pronti soccorso. Questo è il nostro vero compito e questo è il vero prezioso contributo che possiamo dare nell’ambito del modello che si andrà a sviluppare. Senza mai rinunciare ad una medicina di iniziativa - ribadisce Scotti - che nell’ambito di un rapporto di convenzione viene rinforzato dalla fiducia medico - paziente, garantendo con i giusti strumenti di personale e professionali la massima compliance ai percorsi diagnostico terapeutici».
Uno spaccato della visione di Fimmg su quella che deve essere l’evoluzione della medicina generale è ben rappresentato da alcuni punti venuti fuori dallo studio Mercer su “Il medico di medicina generale nei nuovi servizi sociosanitari territoriali” e dagli atti di sintesi del confronto avvenuto proprio su questo documento. In particolare, si deve prevedere quali siano le priorità per arrivare al traguardo di una riforma che non rimanga sulla carta, o ancor più grave, peggiori le condizioni di offerta attuale.
Le priorità dovrebbero quindi riguardare:
1) il rafforzamento dell’assistenza primaria a carico dei Medici di Medicina Generale attraverso le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) quali strutture spoke nelle modalità descritte già dall’ultimo ACN 2016/2018 e per le quali sono necessari adeguati incentivi;
2) la diffusa implementazione, sulla base di buone pratiche già presenti, delle Centrali Operative Territoriali nei Distretti a sostegno della Assistenza Domiciliare Programmata e Integrata dedicate a garantire fondamentali riferimenti per tutte le AFT o UCCP presenti sul territorio di competenza;
3) la programmazione di percorsi universitari pre-laurea e di formazione post-laurea per un numero adeguato di medici motivati e orientati alla Medicina Generale nonché la realizzazione di attività formative comuni per tutto personale coinvolto, convenzionato o dipendente, del SSN al fine di prepararlo alle nuove esperienze, che impongono l’acquisizione di expertise al lavoro in equipe e per l’utilizzo di strumenti di diagnostica per immagini, di telemedicina, di analisi dei dati;
4) l’avvio di una efficace e metodologicamente valida attività di progettazione organizzativa, a livello regionale e/o aziendale, delle nuove strutture e dei servizi da esse erogati, finalizzata non solo alla definizione di ruoli e responsabilità (divisione del lavoro) ma alla loro ricomposizione attraverso meccanismi di coordinamento tra le diverse figure professionali e tra le diverse reti sociali del territorio, al fine di consentire all’organizzazione nel suo complesso di conseguire i propri obiettivi”.
«Alla luce dell’ACN firmato, ritengo sia necessario iniziare subito una negoziazione degli Accordi Integrativi Regionali che possano già determinare modelli di evoluzione della medicina generale coerenti con il PNRR, che lo rendano anche più attuabile ed efficace. Tutto questo ha bisogno di vedere ad horas - prosegue Scotti - un impegno del Ministero e del Governo per definire quante risorse, di quelle stanziate e da stanziare per il personale, saranno destinate all’area convenzionata della medicina generale per la partecipazione a questa azione riformatrice. Come detto, nell’ambito di un sistema che deve mettere in condizione il medico di medicina generale di lavorare meglio in tema di prevenzione primaria e secondaria delle cronicità, unica possibilità di rendere sostenibile nel tempo i costi del PNRR quando le risorse per costruire i modelli saranno finite e bisognerà trovare nel miglioramento delle condizioni di salute della nostra popolazione le risorse per continuare a mantenere l’offerta proposta. L’alternativa rischia di essere una sostituzione o una replica surrogata dell’attività di pronto soccorso. Ma soprattutto si rischia di sprecare un’occasione irripetibile, lasciando in eredità un debito e non un dono alle future generazioni che utilizzeranno il nostro Servizio Sanitario Nazionale».