Comunicati Stampa
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Scotti: Si confermano le ragioni che hanno portato allo stato di agitazione
Dati Istat allarmanti, Silvestro Scotti (Fimmg): Si confermano le ragioni che hanno portato allo stato di agitazione, dati che stridono con le decisioni in Legge di Bilancio
«I dati e le preoccupazioni espresse dal presidente dell'Istat Francesco Maria Chelli rimarcano tutto ciò che da anni lamentiamo nei confronti degli interlocutori politici, seriamente preoccupati per la sopravvivenza di una categoria, quella dei medici di medicina generale, che sostiene sulle proprie spalle il peso delle cure primarie e dell’assistenza di prossimità. Non si comprende come possa coesistere la consapevolezza istituzionale di questa criticità - certificata a questo punto dall’istituto nazionale di statistica - con una Legge di bilancio che dimentica di fatto la nostra categoria». Silvestro Scotti, segretario generale Fimmg, commenta così quanto è emerso dall’audizione nelle commissioni riunite Bilancio di Senato e Camera sulla Manovra.
Se è vero che Chelli ha sottolineato come i medici di medicina generale "sono la categoria, insieme agli infermieri, che desta maggiori preoccupazioni tra le professioni sanitarie per le prospettive future, altrettanto vero è che da Fimmg torna ormai da tempo un forte monito sull’esigenza di intervenire presto e in modo concreto. «In assenza di interventi concreti - sottolinea il leader Fimmg - ogni commento sulla volontà di valorizzare la medicina generale resta solo speculazione. Già dal nostro Congresso nazionale è emerso con forza un grave disagio e una profonda sofferenza espressa dall’intera categoria. Ciò nonostante, nella Legge di bilancio perdura da parte dei decisori politici l’assenza di iniziative volte a stanziare risorse aggiuntive per il raggiungimento degli obiettivi di politica sanitaria per l’area dei medici convenzionati e quindi per la medicina generale».
Tra le proposte da tempo lanciate da Fimmg, è bene ricordarlo, la richiesta di una qualche forma di detassazione delle quote variabili che sono oltretutto collegate agli obiettivi delle Regioni contenute nel Patto della salute e nel PNRR, utili a sostenere lo sforzo assistenziale prodotto dai singoli medici. Cosi come viene chiesto un investimento sul corso di formazione in Medicina Generale (unica disciplina formativa post laurea con il maggiore rapporto di abbandono e senza copertura di posti messi a concorso) che in Manovra viene dimenticata. Anzi, se ne aumenta il gap, visto che il borsista già percepisce una borsa tassata e pari al 50% di quelle delle specializzazioni. Condizioni che ne riducono l’attrattività e bloccano un ricambio generazionale ormai non più rimandabile.
Nei dati espressi dal presidente Istat la dimensione di un problema che sta mettendo seriamente a rischio l’assistenza sanitaria per i cittadini. I medici di medicina generale sono 6,7 per 10.000 abitanti, il 15,7% dei medici totali, con il 77% sopra i 55 anni. Gravissimo anche l’aspetto delle carenze visto che il numero dei medici di medicina generale è diminuito di oltre 6.000 unità in dieci anni, da 45.437 nel 2012 a 39.366 nel 2022, e il numero di assistiti pro-capite è aumentato da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. «Una platea - ricorda Scotti - che non è paragonabile con quelle di altri paesi europei, molto differenti per cronicità ed esigenze assistenziali. Siamo ad un bivio che conduce verso direzioni diametralmente opposte e ora c’è da decidere da che parte vogliamo traghettare il Servizio sanitario bene primario nel nostro Paese».