Comunicati Stampa
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Maio: Servono tutele reali e servono adesso. Si passi dalle parole ai fatti
Ennesima aggressione ad un medico di Continuità Assistenziale, Tommasa Maio (Fimmg): «Servono tutele reali per i medici e servono adesso. Si passi dalle parole ai fatti o verrà meno anche l’assistenza»
«Quanto avvenuto al medico a Cologna Veneta, cui va la nostra solidarietà, è gravissimo. Non possiamo più accettare di essere esposti a questi rischi nell’assoluto immobilismo di quanti hanno la responsabilità di tutelarci». È una ferma condanna quella che arriva da Tommasa Maio, segretario nazionale Fimmg Continuità Assistenziale, in merito all’aggressione subita da un medico della Continuità Assistenziale, aggredito da un paziente per essersi rifiutato di produrre in modo illegittimo un certificato di malattia per giustificare l’assenza dal lavoro. «Non è tollerabile – dice Maio – che i medici impegnati in prima linea debbano essere alla mercé di questi soggetti e, per di più, che nulla si faccia per arginare il fenomeno e punire i colpevoli. Questo episodio è l’ennesima dimostrazione che l’inasprimento delle pene previsto dalla recente legge non è sufficiente». Non a caso, da tempo, Fimmg si batte affinché sia riconosciuto ai medici nell’esercizio delle proprie funzioni lo status di pubblico ufficiale, una richiesta rispetto alla quale la politica si è sinora dimostrata sorda. «Riconoscendo ai medici nell’esercizio delle proprie funzioni lo status di pubblico ufficiale – ribadisce Maio – le aggressioni si ridurrebbero, perché aggredire un medico sarebbe come aggredire un carabiniere. Con tutte le conseguenze del caso. Inoltre, eviterebbe a chi subisce violenza di dover vivere anche il trauma di battersi in solitudine per fare in modo che queste persone siano debitamente perseguite». Un vuoto normativo, dunque, ma anche il frutto di enormi lacune di organizzazione del territorio. Il segretario nazionale Fimmg Continuità Assistenziale denuncia infatti che queste situazioni, che ormai riguardano indistintamente l’intera penisola, sono spesso esacerbate da carenze di personale e da carenze strutturali. «Invece di investire in una riorganizzazione del modello di offerta assistenziale – prosegue Maio – sempre più frequentemente le Aziende puntano ad accorpare le sedi e mantenere ridotto il numero dei medici, ma ampliando le aree territoriali di attività». In questo contesto, nel solo mese di gennaio (in Veneto) sono già 8 le aggressioni registrate al personale sanitario. «È solo la punta dell’Iceberg, perché numeri simili, se non superiori, si registrano in tutta Italia. Dati che spesso non emergono per la mancata denuncia da parte dei medici, che continuano ad essere lasciati soli. È desolante ritrovarci ciclicamente a fare proposte di riorganizzazione e chiedere interventi per la messa in sicurezza dell’attività, restando inascoltati e con la frustrazione di non poter offrire ai colleghi soluzioni efficaci. Colleghi – conclude Maio - che sono costretti a lavorare convivendo con la paura di poter essere aggrediti in qualunque momento. In questa inerzia, non ci si deve stupire se sempre più medici decidono di lasciare la professione o se evitano di acquisire incarichi in aree della medicina sempre più pericolose».